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​Sciacchetrà: significato e origine del nome

By Luca Stroppa 16 febbraio 2022 403 Views

Sciacchetrà: significato e origine del nome

Inconfondibile! Non esiste aggettivo migliore per definire lo Sciacchetrà. Non solo per il prestigio e il carattere esclusivo di questo vino passito delle Cinque Terre, ma anche per il suo nome, così particolare, tale da renderlo immediatamente riconoscibile e memorizzabile.

A proposito del suo nome: ti sei mai chiesto che cosa significa "Sciacchetrà"? E da dove deriva? Qual è la sua origine? Qual è l'etimologia del nome?

Dobbiamo ammettere che, incuriositi dalla singolarità del nome, abbiamo provato ad informarci, consultando diverse fonti. Dopo alcune ricerche siamo arrivati a delle interessanti conclusioni. Di seguito, ti raccontiamo l'origine, la storia e il significato di "Sciacchetrà".

Che cosa significa "Sciacchetrà"?

Partiamo dai fatti più recenti per poi ricostruire l'origine e la storia di questo nome.

Il termine "Sciacchetrà" fu introdotto e utilizzato per la prima volta alla fine dell'Ottocento. A coniarlo fu un importante pittore italiano, il macchiaiolo Telemaco Signorini.

É il 1860 quando Signorini giunse presso il comune di Riomaggiore, nelle Cinque Terre, in provincia della Spezia (il nome "La Spezia", per quanto diffuso, non è corretto!). Qui, il nostro artista scoprì un luogo meraviglioso, anche se piuttosto isolato e, all'epoca, raggiungibile solo a piedi. In ogni caso, il paesaggio di Riomaggiore, le sue tradizioni e i prodotti tipici conquistarono Signorini, tanto che il pittore gli dedicò numerosi dipinti, facendolo conoscere a tutta Italia e al resto del mondo, oltre a contribuire alla sua fama.

Signorini stese anche un diario dei suoi viaggi a Riomaggiore. In un famosissimo passaggio delle sue memorie si legge:

"in settembre, dopo la vendemmia, si stendono le migliori uve al sole per ottenere il rinforzato o lo sciaccatras"

Per la prima volta (non esistono testimonianze scritte precedenti) il vino passito locale è chiamato "sciaccatras", in seguito italianizzato nel moderno "sciacchetrà".

Dalla frase di Signorini si ricava un'altra importante informazione, oltre al fatto che le uve dello Sciacchetrà vengono fatte appassire al sole. Il pittore ci dice che il vino era conosciuto anche come "rinforzato", "refursà o renfursà" nel dialetto locale. Questo nome era il più diffuso tra la popolazione e i viticoltori del luogo.

Perché "rinforzato"? Perché l'appassimento delle uve (dei vitigni Bosco, Vermentino e Albarola su tutti) "rinforza" il tenore e il contenuto zuccherino, donando maggiore "dolcezza" al vino.

E "sciaccatras"? Perché Signorini utilizza questo nome?

"Sceccatras" (o "sciaccatras") è il nome con cui i preti locali chiamavano questo vino passito.

Perché lo chiamavano così?

A tal proposito, non esiste una spiegazione univoca accettata dagli esperti. Ci sono, invece, una serie di ipotesi piuttosto affascinanti.

Per comodità di lettura e comprensione possiamo distinguere 3 filoni:

1. il primo filone rimanda al carattere unico e prezioso del nettare. Secondo alcuni studiosi, "sciaccatras" deriverebbe dal dialetto locale "sciacca", cioè "schiaccia", e "met-atra", "metti da parte (dietro la botte)". I sostenitori di questa ipotesi rimandano al fatto che, secondo tradizione, a turno, ogni famiglia doveva occuparsi di fornire alla chiesa locale il vino che veniva utilizzato nel corso della messa. Il vino fornito era il migliore a disposizione, ovvero quello che gli abitanti chiamavano "rinforzato". Un nettare talmente prezioso che i parroci lo custodivano e "mettevano da parte" gelosamente.

2. il secondo filone fa risalire il nome "sciaccatras" al semitico "shekar", termine con cui si indicavano le bevande fermentate. Altri rimandano al greco "nectar", ovvero "nettare".

3. Un'altra ipotesi rimanda all'unione di due parole del dialetto locale: sempre "sciacca", "schiaccia", e "tra’", "trai o tira via, spilla dalla botte". Il riferimento è alla separazione delle vinacce dal mosto dopo la pigiatura, anche se, in realtà, per produrre questo vino il mosto viene comunque fatto macerare e fermentare, per un certo periodo, sulle bucce.

La separazione del mosto dalle bucce è, invece, molto più rapida nella produzione dello "Sciac-trà", un vino rosato prodotto da uve del vitigno a bacca nera "Ormeasco", da non confondere con il passito "Sciacchetrà". Nel caso dello "Sciac-trà", il nome deriva sicuramente da "sciacca-tra", "schiaccia e tira via". Per lo "Sciacchetrà", invece, l'origine dallo stesso etimo non può considerarsi certa per ciò che abbiamo detto appena sopra.

Insomma, le ipotesi sono numerose ma la reale origine del nome "Sciacchetrà" è piuttosto misteriosa. Secondo gli esperti dell'Accademia della Crusca il nome Sciacchetrà" fu scelto semplicemente per "enfatizzare le diversità della vinificazione di questo passito rispetto a quella del vino comune", con probabile riferimento ad una macerazione con fermentazione sulle bucce più breve rispetto al vino comune.

Infine, ricordiamo che, nel corso degli anni '70, Nello Capris, colui a cui fu affidato il compito di dare vita al disciplinare di produzione del "Cinque Terre Sciacchetrà", D.O.C. dal 1973, scelse come nome quello di "rinfursà" e non "sciacchetrà". Il Ministero non accolse la proposta perché "rinfursà" ricordava un altro vino, creando possibili confusioni con lo "Sfursat" della Valtellina. A quel punto Capris optò per una versione italianizzata dell’altro nome con cui era conosciuto il vino: "Sciacchetrà"!

Davvero affascinante l'origine del nome Sciacchetrà, vero?

Posted in: Curiosità sul vino
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