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​Che cos’è il mosto?

By Luca Stroppa 22 marzo 2021 3119 Views

Che cos’è il mosto?

Il nostro viaggio alla scoperta dei termini tecnici utilizzati nel corso del processo di vinificazione prosegue con la parola “mosto”. Che cos’è il mosto? Quando viene prodotto? Da cosa è composto e quali sono le sue caratteristiche?

Ecco tutto quello che devi sapere sul mosto d’uva.

Mosto d’uva: significato e caratteristiche

Il termine mosto, in senso ampio, viene utilizzato per riferirsi al succo ottenuto dalla pigiatura o dalla spremitura di bacche come olive, ribes, pere, mele, uva ecc.

Nel processo di produzione del vino si parla, ovviamente, di mosto d’uva, indicando il succo ricavato dalla pigiatura dei suoi acini. Siamo nelle primissime fasi della vinificazione, tanto che il mosto può essere considerato il primo prodotto della trasformazione dell’uva in vino.

Con la pigiatura le uve sono sottoposte a pressione per provocare la rottura della buccia degli acini e la conseguente fuoriuscita di parte del succo, il nostro mosto. Da tale pratica si ricavano anche le vinacce, cioè le parti solide come le bucce, i vinaccioli (semi) e, eventualmente, i raspi. Per riassumere, il mosto è il prodotto liquido della pigiatura, rappresenta circa l’80-85% del pigiato, le vinacce sono le parti solide ottenute dalla medesima operazione, circa il 15-20% del pigiato.

Ma, a questo punto, dobbiamo fare una precisazione. Le leggi italiane in materia di produzione di vino considerano il mosto in un’accezione più ampia, ovvero come tutto ciò che si ricava dalla pigiatura: non solo il succo, ma anche le vinacce stesse. Insomma è inteso come sinonimo di pigiato. Per la parte liquida si ricorre semplicemente al termine “succo d’uva”.

Nella pratica di cantina, invece, per evitare confusione, la distinzione mosto/liquido e vinacce/solido viene conservata ed è entrata a far parte del linguaggio comune.

Il mosto d’uva nella vinificazione in bianco e in rosso

Non tutti i mosti d’uva sono uguali, o meglio, non tutti i mosti d’uva sono trattati allo stesso modo. Esistono, infatti, importanti differenze a seconda della tipologia di vino che s’intende produrre.

Nella vinificazione in bianco, il mosto, inteso come la parte liquida del pigiato, viene immediatamente separato dalle vinacce.

Perché? Semplicemente perché tra le svariate sostanze contenute nelle bucce e nei vinaccioli ci sono anche sostanze coloranti che donerebbero un colore “rosso” al vino. Il contatto tra succo e parti solide è quindi evitato o comunque molto ridotto nel tempo, quello necessario per la separazione. A questo punto il mosto viene sottoposto a fermentazione alcolica, con la trasformazione degli zuccheri in alcol e anidride carbonica. Ad operazione conclusa, il mosto è ormai diventato “vino” a tutti gli effetti.

Nelle vinificazioni in rosso, invece, il mosto viene lasciato a contatto con le vinacce. In questo modo, bucce e vinaccioli possono trasferire al succo sostanze coloranti, oltre a tannini e polifenoli, responsabili del colore rosso del vino e delle sue principali proprietà organolettiche. Tale operazione è chiamata macerazione.

Solo una volta conclusa la macerazione, il mosto è separato dalle vinacce e sottoposto a fermentazione alcolica per la produzione di vino.

Per qualsiasi tipologia di vinificazione, la quantità di zuccheri contenuta nel mosto definisce la gradazione alcolica del vino. Sono, infatti, gli zuccheri contenuti nel succo, a cui si aggiungono quelli trasmessi dalle vinacce per la vinificazione in rosso, ad essere trasformati in alcol con la fermentazione alcolica.

Più di una semplice curiosità. Una vera e propria dimostrazione dell’importanza del mosto nella produzione del vino.

Posted in: Cultura del vino
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