Che cosa sono le “pupitres”?
Nell’articolo di oggi andiamo a conoscere uno degli strumenti storici e classici che possono essere utilizzati nella produzione delle bollicine metodo classico. Si tratta della “pupitre” (plurale “pupitres”).
Scopriamo insieme il suo significato, il suo inventore, la sua storia, le sue caratteristiche e le sue funzioni. Continua la lettura e il tuo vocabolario del vino sarà sempre più ricco.
Che cosa s’intende per “pupitres”?
In questo paragrafo rispondiamo alla domanda più immediata su questo strumento: qual è il significato di “pupitres”? Qual è la definizione di “pupitres”?
Come suggerisce il nome e come spesso accade nel mondo del vino, siamo di fronte ad una parola francese che è entrata a far parte del vocabolario enologico mondiale ed è utilizzata in ogni nazione che produce bollicine metodo classico.
Nello specifico, consultando un qualsiasi dizionario della lingua francese, “pupitre” può essere tradotto con “banco”, “leggio” o “tavola”. Proprio quest’ultima parola è la più idonea a chiarire che cosa siano le “pupitres”. Si tratta, infatti, di strutture, solitamente in legno, “triangolari” o a “V” invertita, costituite da due tavole ricche di fori dove poter conservare le bottiglie di vino. Queste vengono inserite, negli appositi spazi, leggermente inclinate e con il collo rivolto verso il basso.
Per comprendere fino in fondo le caratteristiche strutturali di queste particolari “tavole”, osserva attentamente l’immagine qui sotto, in cui è rappresentata una classica cantina con bottiglie metodo classico inserite nelle “pupitres”.
A che cosa servono le “pupitres”?
Dopo averti illustrato le caratteristiche fisiche delle “pupitres”, è arrivato il momento di capire che funzioni assolvono e perché sono così importanti nella produzione delle bollicine metodo classico.
Diciamo subito che le “pupitres” sono strumenti pensati per il “remuage”, ovvero per la raccolta, nel collo della bottiglia, dei sedimenti solidi e fecciosi prodotti nel corso della rifermentazione in bottiglia.
Come sanno i più appassionati, la produzione di bollicine metodo classico si caratterizza per la seconda fermentazione, che avviene grazie all’azione di lieviti e zuccheri, rigorosamente in bottiglia. I residui solidi dei lieviti coinvolti in questa operazione sono lasciati a contatto con il vino (affinamento), per un tempo più o meno prolungato, per arricchire le proprietà organolettiche del nettare. Dopo che i sedimenti hanno trasmesso al liquido le sostanze in essi contenute, i residui vanno espulsi.
Ed è proprio in questa fase che entrano in gioco le “pupitres”. Le bottiglie sono riposte inclinate, a “testa in giù”, sulle “tavole” forellate in modo tale da raccogliere, nel collo della bottiglia, i sedimenti, evitando che si disperdano nel contenitore. Per favorire la raccolta, un apposito addetto, chiamato “remueur”, ruota e scuote, quotidianamente, con un colpo di polso, il fondo della bottiglia. La rotazione è di circa 1/4 o di 1/8, in senso orario o antiorario. Questa pratica, molto affascinante, dura circa 40 giorni. Una volta che i residui si sono depositati nel collo si procede alla loro eliminazione dalla bottiglia, ottenendo un nettare davvero limpido.
In realtà, oggi, solo poche cantine ricorrono a questo metodo storico. L’evoluzione tecnologica ha, infatti, portato alla creazione di appositi macchinari che svolgono le funzioni delle “pupitres” e del “remueur”.
Chi ha inventato le “pupitres”?
L’invenzione delle “pupitres” è attribuita a Antoine Muller, uno dei professionisti a cui fu affidata la guida "tecnica" della "Maison Veuve Clicquot Ponsardin”. Questa cantina s'impose, nel XIX secolo, come punto di riferimento per la produzione e la vendita di Champagne in tutto il mondo e per lo sviluppo di nuove tecniche in grado di migliorarne la qualità. La sua proprietaria, Barbe Nicole Ponsardin, è considerata una delle personalità più decisive e importanti nella storia dello Champagne.
Nel 1818, Muller mise a punto una nuova "rivoluzionaria" tecnica: il “remuage sur pupitres".
Considera che, fino a quel momento, i residui della seconda fermentazione non venivano eliminati dalla bottglia e lo Champagne si presentava con un aspetto decisamente torbido, poco gradevole alla vista. Barbe Nicole Ponsardin, consapevole di questo "difetto", spinse gli esperti assoldati nella sua cantina a trovare una soluzione alternativa per espellere dal contenitore i sedimenti solidi, donando al nettare massima limpidezza. Fu così che Muller e il suo team inventarono le "pupitres" e la tecnica del "remuage", per la raccolta dei residui nel collo della bottiglia, a cui seguì quella della "sboccatura" o "degorgement”, ovvero la loro effettiva eliminazione.