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​I nomi dei vini italiani: tra territorio e vitigno

By Luca Stroppa 22 settembre 2020 1391 Views

I nomi dei vini italiani: tra territorio e vitigno

Fermati per qualche minuto e pensa ad alcuni dei principali vini italiani che conosci. A questo punto concentrati sul loro nome: come mai sono chiamati così? A cosa si riferiscono i loro nomi? E da cosa derivano? Scoprirai che nella stragrande maggioranza dei casi il nome di un vino italiano richiama il territorio geografico di riferimento per la sua produzione e/o il nome del vitigno da cui si ottiene.

Nel nostro curioso articolo approfondiremo quest’aspetto e cercheremo di capire le motivazioni che si celano dietro alla scelta del nome di un vino e di una denominazione italiana.

I nomi dei vini: un quadro generale

Nel mondo anglosassone si parla di “rule of thumb”, letteralmente “regola del pollice”, un modo di dire usato in svariati ambiti, soprattutto quello matematico ed economico, per indicare un principio considerato valido nella stragrande maggioranza dei casi perché frutto di esperienze e prove empiriche.

Questa regola viene spesso applicata anche all’argomento del nostro articolo, il nome dei vini. Il principio generale è il seguente: i vini europei prendono il nome dalla regione o dalla zona geografica dove le uve sono coltivate, mentre i vini del Nuovo Mondo sono chiamati come il principale vitigno da cui si ricavano.

Ecco perché i cugini d’Oltralpe hanno scelto il nome Champagne per il loro storico spumante, proprio come quello della prestigiosa zona vitivinicola dove è tradizionalmente prodotto. Al contrario, negli Stati Uniti, al momento della scelta del nome, si sarebbe privilegiato quello del vitigno; si sarebbe optato, ad esempio, per Chardonnay o Pinot Nero, o comunque per il nome del principale vitigno da cui si ricava il vino.

La “rule oh thumb”, per definizione, si applica in molti ma non in tutti i casi. Le eccezioni, anche nel nostro caso, non mancano e non bisogna andare lontano per trovarle. Basta pensare ai vini e alle denominazioni italiane.

I nomi dei vini: il caso delle denominazioni italiane

Il panorama dei nomi dei vini italiani è piuttosto variegato e si inserisce all’interno dei due poli opposti di cui abbiamo appena parlato. La distinzione fondamentale è tra vini senza denominazione e vini con denominazione (anche i vini IGT).

Nel primo caso, la “rule of thumb” prevede che il nome del vino richiami, quasi sempre, quello del vitigno, oppure che si utilizzi un nome di fantasia; nel secondo caso, invece, o si ricorre al nome geografico senza riportare quello del vitigno, o si associano i due nomi, zona geografica e vitigno.

Del resto, l’essenza stessa delle denominazioni italiane è quella di certificare l'origine geografica del vino e delle uve che sono state utilizzate per la sua produzione. Ecco, dunque, che utilizzare il nome geografico di una zona viticola diventa indispensabile e coerente.

Ma analizziamo i due casi che abbiamo descritto, partendo dalle denominazioni con sola indicazione geografica. In questo caso, il nome geografico che caratterizza la denominazione può riferirsi o ad una specifica località, una delle più rappresentative della DO, oppure ad una zona più ampia e generale che comprende tutta l’area dove la coltivazione delle uve è autorizzata.

Per essere più chiari facciamo qualche esempio: la D.O.C. “Cinque Terre” riporta il nome della zona geografica ligure all’interno della quale si sviluppa tutta la Denominazione; stesso discorso per la DOC “Etna” che comprende alcuni territori attorno e alle pendici del vulcano. La D.O.C. “Lugana”, invece, non riporta il nome di una zona geografica ampia e comprensiva di tutti i territori della Denominazione ma una più specifica, quella dell’omonima località del comune di Sirmione, in provincia di Brescia, una, ma non l’unica, delle zone dove possono essere coltivate le uve; e ancora le D.O.C.G. “Barolo” e “Barbaresco” richiamano due dei vari comuni in provincia di Cuneo dove si possono produrre questi celebri vini.

Nel secondo caso, invece, al nome della zona geografica si affianca quello del vitigno. Pensa alla D.O.C.G. “Barbera d’Asti”, il cui nome richiama quello del vitigno principale della DO, ovvero il vitigno Barbera, e quello geografico di “Asti”, la provincia in cui si concentrano parte dei comuni dove la produzione di questo vino è consentita. Discorso analogo per la D.O.C.G. “Montefalco Sagrantino”, da “Montefalco”, il comune principale e storico della Denominazione e “Sagrantino”, il nome del vitigno.

Questa impostazione nella scelta del nome di una denominazione vuole sottolineare il legame strettissimo che si instaura tra area geografica, o meglio “terroir”, vitigno e vino. Tra questi tre elementi si crea una simbiosi unica, irriproducibile e non replicabile in altri contesti, determinando le caratteristiche e le qualità, la tipicità e l’unicità del nettare.

Posted in: Cultura del vino
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