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​Com'era il vino nell'Antica Roma?

By Luca Stroppa 24 gennaio 2024 331 Views

Tra le notizie sul vino di questi ultimi giorni, una ha attirato la nostra attenzione. Il 23 gennaio 2024 sono stati resi noti i risultati di una ricerca, Making wine in earthenware vessels: a comparative approach to Roman vinification, pubblicata dalla casa editrice Cambridge University Press, molto interessante per gli amanti del vino e, in particolare, per gli appassionati di storia del vino.

Lo studio è stato condotto da due esperti del settore, Dimitri Van Limbergen (Università di Gand) e Paulina Komar (Università di Varsavia), al fine di rivelare le caratteristiche organolettiche dei vini prodotti dagli Antichi Romani.

Di seguito, vediamo cosa è emerso da questa ricerca. Mettiti comodo e buona lettura: scoprirai tante curiosità davvero sorprendenti!

Com'era il vino nell'Antica Roma?

Dolia romani e qvevri georgiani: l'influenza dei contenitori sulle qualità del vino

Sappiamo molto circa le abitudini, gli usi e i costumi sul vino dei Romani; sappiamo molto del loro ruolo nella diffusione del nettare e della pratica della viticoltura, sappiamo molto del valore del vino nella cultura romana, ma sappiamo poco circa le proprietà organolettiche dei loro vini.

Questa ricerca si distingue dai tanti studi condotti sul vino nell'Antica Roma proprio per il focus su cui è incentrata, cioè scoprire gli aromi e i sapori dei vini prodotti dai Romani. In sostanza, lo studio cerca di rispondere a domande quali: com'era il vino nell'Antica Roma? Quali erano le caratteristiche dei vini prodotti dai Romani?

Van Limbergen e Komar sono giunti a conclusioni davvero interessanti a partire dall'analisi dei dolia romani, ovvero dei tipici contenitori di terracotta, dal corpo rotondo, solitamente a base piatta e con l'orlo/bocca piuttosto grande, utilizzati per la vinificazione e per la conservazione del vino. Questi recipienti erano conosciuti anche come dolia defossa perché venivano "immersi" nel terreno fino all'orlo. Devi sapere che i dolia erano realizzati da artigiani esperti e specializzati, ricorrendo a specifiche tipologie di argilla, considerate particolarmente idonee alla loro produzione, e con una forma altrettanto specifica. Il tutto per consentire un'ideale conservazione del vino e generare determinati aromi e sapori. Il loro utilizzo è attestato da più fonti, ma la loro influenza sui vini prodotti non è mai stata approfondita.

I dolia romani condividono molti tratti e aspetti comuni con i cosiddetti qvevri georgiani: anfore utilizzate per la produzione e la conservazione del nettare dalle popolazioni ubicate, grosso modo, nella zona dell'attuale Georgia, una delle patrie del vino. I due recipienti presentano forma e materiali molto simili, così come affini sono le procedure di vinificazione. Ciò significa che le due popolazioni intendevano produrre vini con analoghe caratteristiche organolettiche ...

Com'era il vino nell'Antica Roma?

Le qualità organolettiche del vino nell'Antica Roma: aromi e sapori

La ricerca ha individuato una serie di tratti comuni tra dolia e qvevri e i rispettivi processi di vinificazione, che influenzano le qualità organolettiche dei vini prodotti.

➡️ Materiali

Un primo aspetto in comune tra dolia e qvevri riguarda i materiali utilizzati per la produzione dei recipienti. In entrambi i casi si ricorreva a particolari argille ricche di minerali in grado di donare al nettare note minerali/sapide e sensazioni penetranti al gusto, in particolare una leggera secchezza/astringenza.

➡️ Porosità

Sia dolia che qvevri sono contenitori porosi, attraverso cui l'ossigeno può passare ed entrare in contatto con il nettare. Per renderli meno permeabili e controllare l'ossidazione, i dolia venivano ricoperti di pece mentre i contenitori georgiani di cera d'api. Tali espedienti impedivano il decadimento del vino, favorendo la micro-ossigenazione, con la stabilizzazione del colore e la formazione di sapori di natura erbacea o richiamanti la nocciola e la frutta secca.

➡️ Forma

Dolia e qvevri sono contenitori che presentano una forma ovoidale in grado di generare correnti interne atte a rimescolare e distribuire in maniera omogenea lieviti, bucce e residui solidi. Ciò garantisce una fermentazione e macerazione efficace ed efficiente, tale da generare vini di ottima ricchezza e complessità gusto-olfattiva.

➡️ Inserimento nel terreno e dimensioni dei recipienti

Dolia e qvevri venivano inseriti nel terreno in modo tale da creare un ambiente favorevole alla vinificazione, raggiungendo una temperatura ideale e costante. In questo modo, i vini venivano protetti da pericolosi sbalzi termici, permettendo loro di fermentare e maturare nelle migliori condizioni possibili. Inoltre, i produttori utilizzavano recipienti di varie dimensioni per controllare la temperatura al loro interno, dando vita a vini con qualità organolettiche diverse. A temperature più basse corrispondevano vini fruttati, a temperature più alte vini più morbidi e complessi.

➡️ Lieviti flor

Un'altra caratteristica in comune tra vinificazione in dolia e vinificazione in qvevri è la tendenza alla formazione dei cosiddetti lieviti flor, uno strato di lieviti che si forma in superficie, ricoprendo il vino sottostante, a determinate condizioni di temperatura, umidità e ossigenazione. Pare che la produzione dei recipienti e il loro inserimento nel terreno fossero soluzioni adottate proprio per favorire la formazione di questi lieviti, considerati un elemento di pregio per i vini prodotti. Nello specifico, questi lieviti producono sostanze particolari, come il sotolon, che donano una specifica identità aromatica e gustativa ai vini, con note tostate, affumicate e caramellate, di frutta secca, nocciola e sensazioni piccanti, associate al curry.

➡️ Macerazione

Sul tema della macerazione non esistono tantissime evidenze e prove, almeno per quanto riguarda la vinificazione nei dolia, tanto che, per lungo tempo, si è pensato che la produzione romana fosse prevalentemente concentrata sui vini che oggi definiremmo bianchi. In realtà, pare non essere così. La macerazione è una fase chiave nella vinificazione nei qvevri e potrebbe esserlo anche per i vini romani. A sostegno di tale ipotesi, ci sono le testimonianze di un'ampia gamma di colori dei vini descritti da personaggi e scrittori romani, risultato del contatto vino e bucce, che donano al liquido sostanze coloranti.

Insomma, dallo studio condotto sui dolia e qvevri emergono tendenze e caratteristiche dei vini nell'Antica Roma, ma, soprattutto, un sorprendente livello di specializzazione e di conoscenza delle pratiche di vinificazione. A seconda del vino che intendevano creare, i produttori dell'Antica Roma sceglievano recipienti con determinate caratteristiche, forme e dimensioni, e ricorrevano ad espedienti tecnici per generare specifiche sensazioni gusto-olfattive.

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Posted in: Notizie sul vino
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