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Vino rosato: come viene prodotto

By Luca Stroppa 02 luglio 2020 1483 Views

Vino rosato: come viene prodotto

Il vino rosato, per lungo tempo considerato il fratello minore del vino rosso e del vino bianco, si sta guadagnando la considerazione di una fetta sempre più consistente di winelover, pronti a riconoscergli un’identità propria e distintiva. La sua reputazione e notorietà sono in costante ascesa ed è una tipologia di vino sempre più ricercata, soprattutto nel periodo estivo, per la sua freschezza e leggerezza.

Nel nostro articolo ci concentreremo sulle sue modalità di produzione e su quel processo, chiamato “vinificazione in rosato”, da cui si ottiene.

Vino rosato: tipologie di uve utilizzate

Prima di analizzare le varie fasi della vinificazione in rosato è necessaria una premessa relativa alle uve utilizzate per la sua produzione.

Per produrre un vino rosato si possono utilizzare:

- esclusivamente uve a bacca rossa

- una miscela di uve a bacca rossa e di uve a bacca bianca

Attenzione: un vino rosato può essere ottenuto solo da uve a bacca rossa o da una miscela di uve a bacca rossa e bianca ma non da una miscela di vini rossi e bianchi!

L'idea che un vino rosato si possa produrre miscelando vini bianchi e rossi è una falsa credenza, responsabile dell’enorme danno di immagine e di reputazione con cui, per lungo tempo, questi vini hanno dovuto convivere. Questa pratica è assolutamente vietata dalla legge, con la sola eccezione di alcune tipologie di spumanti metodo classico.

Possono dunque essere miscelate due diverse tipologie di frutto, uve a bacca rossa e uve a bacca bianca, poi lavorate ed elaborate simultaneamente, ma non miscelare due vini già pronti.

I vini rosati nascono infatti da una mirata tecnica di vinificazione, pensata per ottenere un vino con determinate caratteristiche, compreso il colore, e con specifiche proprietà organolettiche.

La vinificazione in rosato

La tecnica classica a cui si ricorre per la produzione di un vino rosato è la “vinificazione in rosato”, caratterizzata da una prima parte che ricalca la vinificazione in rosso e una seconda parte che richiama la vinificazione in bianco.

Nella vinificazione in rosso, il mosto, ottenuto dalla pigiatura delle uve, viene lasciato a contatto con le vinacce, la buccia dell’uva senza raspo, che rilasciano una certa quantità di sostanze organolettiche e coloranti. Il tempo di contatto tra mosto e vinacce è variabile ma comunque prolungato, minimo 3 giorni ma può durare diverse settimane, ed è responsabile del tipico colore e delle tipiche caratteristiche dei vini rossi. Al contrario, nella vinificazione in bianco mosto e bucce non entrano in contatto ma vengono immediatamente separati (ed ecco perché si possono ottenere vini bianchi da uve rosse).

Nella vinificazione in rosato, mosto e vinacce vengono messe in contatto, ma per un lasso temporale inferiore alla vinificazione in rosso: qualche ora o al massimo 48 ore a seconda delle caratteristiche delle uve utilizzate e del tipo di vino rosato che s’intende ottenere. Con questa tecnica le vinacce cedono solo una parte delle sostanze coloranti e organolettiche, determinando la tipica leggerezza e la classica colorazione rosata di questa tipologia di vini. A seconda della durata del contatto mosto-vinacce si potranno ottenere intensità diverse, dal rosa leggero fino al rosa molto scuro.

Una volta separato il mosto dalle vinacce, il processo di produzione di un vino rosato segue le fasi della vinificazione in bianco: fermentazione in contenitori di acciaio e non di legno, svinatura e imbottigliamento. I vini rosati non sono adatti all’invecchiamento in botti e ad un lungo affinamento in bottiglia perché perderebbero freschezza, aromaticità e acidità. Proprio per questo, andrebbero consumati entro due anni dalla vendemmia.

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Posted in: Cultura del vino
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