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​Perché il Nebbiolo si chiama così

By Luca Stroppa 01 ottobre 2019 5558 Views

Perché il Nebbiolo si chiama così

“Nomen Omen”, “di nome e di fatto” dicevano i Romani, convinti che nel nome di una persona fossero nascoste le sue caratteristiche e il suo futuro. Proprio per questo diversi termini che derivano dal latino ci forniscono, già dal nome, importanti indicazioni e informazioni. È il caso di molti vini e vitigni, tra i quali il nebbiolo. Proprio nell’origine linguistica del suo nome possiamo individuare almeno uno degli aspetti caratteristici di questo vitigno. E allora, trasformiamoci in provetti linguisti e scopriamo perché il Nebbiolo si chiama così.

Il termine “Nebbiolo” compare per la prima volta in una guida ampelografica del 1200, poi rinominato addirittura nel lontano 1600, nella sua variante dialettale “Nebiol” dall’agronomo dei Savoia, Giovanni Battista Croce, impegnato a studiare questo vitigno così apprezzato a Corte. Solo nel XIX secolo il termine compare in maniera continuativa nei manuali dedicati ai principali vitigni italiani.

Questa mancanza di informazioni ha reso difficile il tentativo di scoprire l’origine del suo nome e, più in generale, la storia di questo prestigioso vitigno. In ogni caso, si sono affermate due diverse correnti che ancora oggi dibattono sulla derivazione linguistica del “Nebbiolo”.

Secondo una prima corrente di pensiero, sostenuta dal Croce, il termine Nebbiolo deriverebbe dal latino “nobilis”, “nobile”, perché questa varietà di uva è utilizzata per la produzione di vini “nobili”, “prestigiosi” e “aristocratici” come il Barolo e il Barbaresco.

Altri, invece, sostengono che il termine Nebbiolo possa derivare da “nebula”, ovvero “nebbia“. Il riferimento non è casuale: “nebbia” perché gli acini delle uve Nebbiolo sono molto scuri e spesso avvolti da pruina, ovvero brina autunnale, che li rende “offuscati” e “appannati”, quasi “annebbiati”. Il riferimento alla “nebbia” potrebbe anche derivare dalla tarda maturazione delle sue uve, tanto che spesso la loro vendemmia avviene nel periodo delle prime nebbie autunnali.

Del resto, il Nebbiolo è un vitigno molto esigente, forse il più esigente nel panorama italiano. Pretende e richiede un ciclo vegetativo e di maturazione decisamente lungo: è la prima vite a germogliare ma l’ultima che lascia cadere le sue foglie. Tutto ciò ha due conseguenze fondamentali: le sue uve sono sottoposte a diversi agenti atmosferici, essendo esposte tutto l’anno o quasi, e la loro vendemmia è piuttosto tardiva rispetto alla media. In cambio di questa attesa, il Nebbiolo garantisce uve di una personalità unica. Vale dunque la pena attendere …

L’allusione alla “nebbia” rivelata dal suo nome è sicuramente l’ipotesi più convincente e condivisa dagli esperti.

Questo vitigno è conosciuto anche con altri nomi in diverse zone d’Italia: “Spanna” nel Novarese e Vercellese, “Chiavennasca” in Valtellina, “Prunet” in Val d’Ossola e “Picotendro” in Valle d’Aosta.

Il termine “Spanna” farebbe riferimento alla lunghezza tipica del grappolo di Nebbiolo, una spanna appunto (poco più di 20 cm).

“Chiavennasca” perché alcuni ritengono che questo vitigno sia originario della Valchiavenna, a nord del Lago di Como, o dall’espressione dialettale “ciu venasca”, “vitigno vigoroso”.

“Prunet” deriverebbe da “pruina”, sempre a sottolineare la brina che avvolge gli acini dei grappoli di Nebbiolo.

Infine, Picotendro, da “picou-tener”, “piccolo e tenero”, come i suoi acini, che esposti alle avversità atmosferiche per molto tempo si rimpiccioliscono per proteggersi e maturare nel migliore dei modi, garantendo una concentrazione zuccherina e acida notevole, oltre che una personalità spiccata, da cui deriva un vino di indubbio spessore.

Insomma da questo viaggio tra i nomi del Nebbiolo abbiamo imparato a conoscere questo vitigno: dagli acini scuri, annebbiati, piccoli e teneri, dalla maturazione lenta, raccolti nel periodo della brina autunnale e da cui si ricavano vini prestigiosi.

Veramente “Nomen omen”!

Posted in: Cultura del vino
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