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In principio fu l’Albana …

By Luca Stroppa 12 febbraio 2020 3073 Views

In principio fu l’Albana …

"In principio fu l’Albana …”, prendiamo in prestito la struttura della prima frase del Vangelo di Giovanni non per addentrarci in pericolose e difficili associazioni religiose ma per sottolineare come questo vino abbia rappresentato l’alba della principale certificazione vinicola italiana. Per le sue caratteristiche di unicità e pregevolezza, l’Albana di Romagna (oggi Romagna Albana) è stato il primo bianco nostrano a potersi fregiare della D.O.C.G. …

Se ti stai chiedendo perché l’Albana è un vino così unico e di grande pregio, bè forse non lo hai mai assaggiato e non conosci la sua mirabile storia. In questo articolo ti faremo recuperare il tempo perduto.

L’illustre passato dell’Albana

La storia dell’Albana è strettamente legata a quella dell’Impero Romano e ad alcuni dei suoi protagonisti, anche se ad oggi non esistono prove certe circa la sua origine e la sua scoperta.

Quel che sappiamo è che i romani conoscevano e apprezzavano questo vitigno. Il nome stesso è di origine romana e deriva da “albus”, ovvero “chiaro” o “bianco per eccellenza”, in riferimento al carattere lindo e chiaro delle sue uve e al fatto che i romani consideravano l’Albana la migliore uva bianca in circolazione.

Sull’origine del nome esiste una seconda ipotesi, sempre di derivazione romana. “Albana” farebbe riferimento ai Colli Albani, la zona da dove provenivano i primi legionari che colonizzarono il territorio romagnolo e importarono questo vitigno.

Più affascinante la leggenda secondo cui sarebbe stata la figlia dell’imperatore romano Teodosio I, Galla Placidia, la prima a scoprire il vitigno e a diffonderlo in tutto l’Impero. Stando a ciò che si racconta, Galla Placidia visitò un piccolo paesino della Romagna. I paesani, estasiati dalla presenza imperiale, le fecero assaggiare, in un umile vaso di terracotta, il vino che producevano. L’imperatrice rimase così sorpresa dalla bontà della bevanda che esclamò:

"Non così umilmente ti si dovrebbe bere, bensì berti in oro, per rendere omaggio alla tua soavità!"

Da quel momento in poi, il piccolo Paese romagnolo che ospitò l’imperatrice assunse il nome di “Bertinoro” ("[…] berti in oro […]”), ancora oggi una delle principali zone di produzione dell’Albana di Romagna.

Anche l’imperatore del Sacro Romano Impero e Re d’Italia, Federico Barbarossa, ne apprezzava talmente i sapori e la delicatezza da concedersi, spesso, qualche bicchierino di troppo ...

Possiamo dire, senza timore di smentita, che l’Albana fu il vino bianco più amato e apprezzato dai Romani. Di lui ne parlano in tanti, lodandone le indiscusse qualità: da Plinio il Vecchio a Plinio il Giovane, passando per Catone, da Publio Ovidio Nasone a Marco Valerio Marziale.

Il primo ad approfondirne le caratteristiche fu Pier de’ Crescenzi nel suo “Trattato d’Agricoltura”:

“vino potente e di nobile sapore, benserbevole e mezzanamente sottile … e questa maniera (tipo) d’uva e’ avuta migliore in tutta la Romagna”.

Più tardi ne scrivono anche Boccaccio e Carducci: per il primo, addirittura, l’Albana è talmente buono da “far resuscitare i morti”.

Con una simile storia, non dovrebbe sorprendere il fatto che nel 1987 fu il primo vino bianco nostrano a ricevere la DOCG, ovvero la massima certificazione qualitativa che si può riconoscere ad un vino italiano.

Del resto per ottenere tale riconoscimento è necessario che un vino, oltre ad avere speciali pregi organolettici, abbia acquisito una particolare fama …

Il riconoscimento della DOCG

A onor del vero, la fama di cui godeva l’Albana in epoca imperiale scemò nei secoli successivi un po’ a causa della filossera, un po’ per la scelta della grande ristorazione di puntare su vini mainstream.

Certo è che un passato così illustre non poteva passare inosservato e al momento di mettere sul piatto le ragioni per ottenere la DOCG giocò un ruolo di primo piano.

Ma non è tutto.

Altre due caratteristiche hanno permesso all'Albana di entrane nel gotha del vino italiano:

- la sua versatilità

- la particolarità del suo territorio di coltivazione

Per versatilità intendiamo la capacità di ricavare dalle sue uve diverse tipologie di vino bianco: secco, amabile, dolce, passito e riserva passito. Queste varietà sono il frutto dei diversi usi e costumi e delle diverse esperienze dei viticoltori romagnoli. Una tradizione che il disciplinare ha codificato e che le moderne tecnologie hanno contribuito a migliorare ma che non perde il suo fascino e le sue peculiarità.

Tradizionalmente, infatti, i grappoli che maturavano prima fornivano un vino secco, bevuto dai contadini della zona durante i giorni lavorativi più caldi e pesanti; dal secondo raccolto si ricavava invece un vino più amabile, mentre dall’appassimento delle uve si otteneva un vino importante da bere in occasioni speciali come un battesimo o un matrimonio, o ancora nel corso della messa.

Per particolarità del suo territorio di produzione, invece, intendiamo che l’Albana esprime al meglio le sue potenzialità organolettiche solo se coltivata in una certa zona, quella dei suoli della catena o “vena” dello “Spungone”, una roccia arenaria calacarea che forma i rilievi e le colline del territorio romagnolo, influenzando inesorabilmente qualsiasi tipo di coltivazione, compresa quella della vite.

Nello specifico, tale composizione del suolo determina il quadro aromatico tipico del vitigno e dei suoi vini in cui si distinguono note vegetali, in particolare di salvia, e note fruttate, in particolare di albicocca; oltre alla sua colorazione tipicamente dorata.

Storia e passato prestigioso come nessun altro bianco italiano, tradizione, virtù organolettiche intimamente legate al particolare territorio di produzione: difficile trovare un vitigno e un vino bianco, diverso dall’Albana, che disponga di tutte queste caratteristiche.

Ecco perché non deve sorprendere se in principio fu l’Albana …

Posted in: Vini d'Italia
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