Vino, re, imperatori e tante lacrime

Questo struggente racconto ci è stato inviato dal nostro cliente Giuseppe Guanella di Sondrio.

Il treno era partito alle tre di un nebbioso mattino del novembre 1919. Era un treno organizzato dalla sezione dei "Combattenti e reduci" della provincia di Sondrio, in occasione del primo anniversario della così detta "Vittoria". Treno questo che aveva quale destinazione Bassano del Grappa. Nelle carrozze erano sistemati i reduci della guerra da un anno terminata, che avevano combattuto le cruente battaglie del Grappa. Fra questi vi erano non poche donne che si recavano sul Grappa per piangere i loro figli o mariti sepolti lungo le pendici dell'insanguinato monte in vari piccoli cimiteri militari provvisori. In uno di questi vagoni si trovava una distinta signora di nero vestita, accompagnata da due giovinette che sicuramente dovevano essere le figlie. Queste tre donne sedevano in uno scompartimento unitamente ad un gruppo di alpini, con età che variava da giovanissimi, con non più di vent'anni, ad altri più anziani. Portavano il loro caratteristico cappello con la penna nera, distintivo inconfondibile. Il loro chiacchericcio tipicamente dialettale era sostenuto, ma evidente mancava quell'allegria costante tra i giovani, soprattutto tra le truppe alpine. Ogni tanto faceva capolino una canzone, ma pure questa cantata a bassa voce, come se una infinita tristezza impedisse loro di cantare in allegria le canzoni delle loro valli, che parlano di guerre lontane, di ricordi passati e di amori perduti. Mentre il treno percorreva la pianura veneta, l'anziana signora fissava con insistenza un giovanissimo ragazzo, poi tolse lo sguardo e si rivolse ad una delle figlie: "Guarda quel giovane, mi sembra di vedere il mio Natale". Mentre sussurrava queste parole due lacrime rigavano le sue guance. Con voce un poco aspra la figliola riprese la madre: "Ti abbiamo assecondato nel tuo desiderio di trovare il cimitero dove è sepolto nostro fratello a condizione che non ti lasciassi sopraffare da troppe emozioni, se così inizi a comportarti, arrivati a Bassano prendiamo il primo treno e ritorniamo a Sondrio". La signora si riprese e chiuse gli occhi come se volesse dormire e con il senno dimenticare. Il giovane alpino resosi conto del modo in cui la signora lo guardava ed intuendo che questa donna aveva tra i caduti un suo caro, si alzò avvicinandosi alle donne, nel mentre che la signora socchiudeva gli occhi, e a lei si rivolse: "Cara signora io non conosco il motivo dei suoi sguardi su di me ma vorrei farle capire che io pure combattei sino all'ultimo giorno su quel maledetto monte e proprio sul medesimo caddero due miei fratelli, e provo rimorso che io solo gli sono sopravvissuto". La madre del povero Natale sgranò gli occhi alle parole del giovine e gli rispose: "Scusi la mia debolezza, non avevo diritto di pensare che solo il mio dolore fosse il più grande". "Veda cara signora", proseguì il giovane, "siamo tutti immersi in questa grande tragedia, ora sono qui con lei a recarmi sul Grappa a cercare dove sono sepolti i miei fratelli", e proseguendo, "ho lasciato a casa mia madre poichè ammalata". Così dicendo si sedette accanto alla signora e le prese la mano, tenendola tra le sue, come avrebbe fatto con la sua di mamma. Il treno arrivò a Bassano del Grappa ancora di mattino, e su vari carri trainati da cavalli trasportarono la comitiva sino alle trincee del Grappa, dove lungo il percorso erano ubicati vari cimiteri militari. Le tre donne furono fatte scendere a ridosso di uno di questi che raccoglieva non più di duecento croci. Una delle ragazze tolse dalla sua borsa una mappa che riportava sia il numero del cimitero che quello della croce riferita al fratello, tenente Natale Guanella. La commozione, sia della ragazza, sia della madre era al massimo, al punto che non seppero individuare tra le croci il numero riferito al congiunto. Passò una buona mezzora, ma nonostante che percorressero più di una volta le file di croci, non trovarono nulla. Quando poi si avvicinarono alle croci vicine all'ingresso del cimitero scorsero il ragazzo del treno che stava percorrendo la strada adiacente ai cimiteri. Madre e figlie vedendo l'alpino gli si avvicinarono. Lui con fare amorevole chiese loro: "Posso esservi utile?". La madre gli si avvicinò quasi come se volesse abbracciarlo e con voce disperata gli disse: "Non riusciamo a trovare il nostro Natale". Il giovanotto prese dalla mano di una delle sorelle la mappa e la lesse: "Natale Guanella Cimitero G7 Croce 23/b". Poi rivolgendosi alla madre: "Mi sembra che voi siate nel campo delimitato dai numeri da uno a cento, mentre la planimetria riporta chiaro che si debba cercare nel campo settore subalterno b". La madre con fare mesto gli prese la mano e disse: "Caro ragazzo mi porti lei da mio figlio". Questi con una mano prese quella della signora, con l'altra la planimetria e si incamminarono verso il settore b. Il quartetto percorse pochi metri quando su di una croce comparve chiaramente segnato il numero 23/b. La mamma si accasciò sulla croce sciogliendosi in un irrefrenabile pianto. Mentre queste povere donne non riuscivano a riprendersi, l'alpino era scosso da questo dramma e da questo dolore senza fine. Dopo aver lasciato che si sfogassero si avvicinò alla madre che non voleva staccarsi dalla croce dove era sepolto suo figlio, la prese per mano e dolcemente la staccò dalla croce. Accompagnandola lungo il percorso che portava all'uscita del cimitero pensava alla sua di madre, al suo dolore, ai figli che aveva perso a causa di una guerra, di una inutile strage, dove a pagare erano sempre gli stessi e a vincere sempre i medesimi. I poveri a morire, i potenti a imperare. Così pensava l'alpino, si ricordava quando dalle trincee i generali gridavano "Avanti Savoia!". Ma avanti non c'erano i Savoia, ma gli alpini che morivano per i Savoia. Poi tralasciò questi pensieri e sottobraccio alla signora si incamminò verso l'uscita del cimitero. Nel mentre stava arrivando il carro che li avrebbe portati a Bassano del Grappa. Sul carro a quattro ruote coperto da un telone salirono unitamente ad altri alpini. Mentre una fitta e gelata pioggia iniziava a cadere, alla madre e alle figliole l'alpino propose, come fosse un ordine, che le avrebbe portate in una trattoria a Bassano dove si era dato appuntamento con molti dei suoi commilitoni, tutti residenti in un paese della Valtellina. Dalle donne non ebbe nessuna risposta al chè ritenne che fossero consenzienti. Arrivati che furono in quel di Bassano si recarono nella trattoria convenuta, dove già si trovavano un folto gruppo di commilitoni che vedendo il quartetto fecero loro posto ad un tavolo. La compagnia non era per nulla rumorosa. Il ricordo del monte teatro di tanta immane tragedia, ma soprattutto quanto avevano visto, il grande numero di croci nei cimiteri lungo le pendici del Grappa, aveva loro tolto ogni allegria. Così che uno dei più anziani richiamò l'attenzione dei compagni ed in dialetto valtellinese quasi gridando disse: "Quì se non si comincia a bere alla grande finiremo tutti a piangere come vitelli!". Gli alpini richiamati alla necessità di bere vino, e per loro questa necessità non era per nulla un problema, presero a chiedere all'oste, oltre al pane ed al salame, fiaschi e fiaschi di vino. L'oste, richiamato a gran voce, arrivò con l'aiuto di un ragazzo che distribuì decine di fiaschi di un rosso dei Colli Asolani di sua produzione. Ma la tristezza, nonostante il vino fosse di gradazione generosa e nonostante che scendesse copioso in gola degli alpini, non volle per nulla attenuarsi. Allora un alpino iniziò ad intonare una canzone che con metriche di vera poesia raccontava tutta la tragedia degli anni di trincea dando voce ad una ragazza che aveva perso il suo amore là sui monti. Era una nenia struggente che nella sua malinconia coinvolse tutti, così recitava la canzone:

Mi ricordo la sera quei baci che mi davi stringendomi al cuore, mi dicevi sei bella,
mi piaci, questa notte sei fatta per me

Mi dicevi a maggio ti sposo, ma il destino crudele non volle mio bel alpino che
avevi vent'anni sui monti del Trentino ti han mandato a morir

Mi ricordo quell'ultimo bacio che mi hai dato stringendomi al cuore è il ricordo
più dolce più amaro del mio amore che mai più rivedrò

Maledetto tu sia Vittorio, maledetti i tuoi generali lor vi gridan avanti Savoia,
ma avanti sono gli alpini a morir

Maledetta la guerra assassina, maledetti re e imperatori quante spose avete
lasciato nel pianto quante madri avete lasciato in dolor

Mentre gli alpini mestamente cantavano, pure la madre di Natale con lieve triste
sussurro ripetè: "Maledetti re e imperatori ...", ed in silenzio si mise a piangere.

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