Valle d'Aosta: la Fonduta

La produzione casearia vanta antiche tradizioni nell’arco alpino, luogo dove le mucche trovano degli ottimi pascoli. Il formaggio è sempre stato elemento essenziale della dieta dei valdostani. Accompagnato con il pane, insieme a zuppe o come contorno di piatti di carne, costituiva un cibo nutriente e facilmente conservabile, di cui inoltre era possibile utilizzare gli avanzi fondendoli in un paiolo. Da qui la “fonduta” molto amata dagli abitanti di queste valli dal clima freddo in quanto in grado di “scaldare opportunamente lo stomaco”. In Valle d’Aosta la fonduta viene fatta utilizzando la Fontina Valdostana, formaggio locale di cui si hanno notizie fin dal medioevo, non a caso in un antico affresco del castello di Issogne che rappresenta il banco di vendita di un formaggiere si riconoscono le tipiche forme rotonde di fontina. Stagionata in grotte scavate nella roccia, la Fontina Valdostana è stata uno dei primi formaggi ad ottenere la Dop (denominazione di origine protetta).

FONDUTA VALDOSTANA

Ingredienti per quattro persone: 400 grammi di Fontina Valdostana giovane senza la crosta, latte fresco, quattro uova, due noci di burro, sale, pepe, un tartufo bianco, pane casareccio

Preparazione: Tagliate la fontina a fettine molto sottili, mettetela in un recipiente, copritela con il latte e lasciatela riposare per un giorno intero. Sciogliete a bagnomaria a fuoco molto basso le noci di burro in una pentola con il fondo rotondo, aggiungete la fontina e tre cucchiai del latte in cui riposava, abbassate la fiamma in modo che l’acqua sia calda ma non bolla, mescolate ininterrottamente con un mestolo di legno fino a quando il formaggio non si fonde. Aggiungete a questo punto i tuorli delle uova e continuate a mescolare finchè la fonduta assume una consistenza omogenea e densa. Servite la fonduta in una ciotola di terracotta riscaldata da un fornelletto da tavola. Conditela con sale e pepe, affettateci sopra il tartufo bianco ed accompagnatela con delle fette di pane casareccio tostate.

Abbinamento consigliato: TORRETTE LES CRETES

Si pensa che già gli antichi romani apprezzassero i vini della Valle d’Aosta, anche se la prima traccia documentata della coltivazione della vite in questa regione è un decreto del vescovo di Ivrea risalente al 1272 con cui si obbligavano i contadini della Val di Cly ad avere la massima cura dei vigneti esistenti e ad introdurne di nuovi. Il terreno prevalentemente montuoso della Valle d’Aosta lascia poco spazio alla viticoltura: non a caso la regione è all’ultimo posto in Italia per quantità di vino prodotto. I vignaioli locali con un lavoro paziente e secolare sono però riusciti a strappare alla montagna degli appezzamenti dove coltivano la vite con successo. Circondati da muretti di pietra a secco, che oltre a trattenere il terreno hanno anche la funzione di catturare i raggi del sole, i vigneti valdostani incuneati nello splendido paesaggio delle Alpi si spingono fino ad altezze quasi inverosimili. Uno dei vitigni autoctoni di questa zona è il Petit Rouge coltivato nella zona storica del Torrette (Les Toules) da cui si ricava lo splendido vino omonimo della cantina Les Cretes.

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