Basilicata: agnello alla pignata

Una delle regione meno abitate d’Italia, terra di grande povertà ma al contempo ricca di tradizioni, terra di pastori e contadini, la Basilicata offre grandi spazi incontaminati e piatti dal sapore antico. Qui l’agnello è sempre stato considerato una cosa preziosa: i pastori erano troppo poveri per potersi permettere di macellare gli agnelli del proprio gregge ed era una vera e propria festa quando lo si riceveva in regalo da un amico. In quei tempi difficili tra i contadini era diffusa la credenza che la carne poco grassa, di facile digestione e ad alto valore nutritivo dell’agnello avesse proprietà curative e si facevano carte false per procurarsene un poco quando qualche familiare si ammalava. Ancora oggi la carne di agnello viene molto apprezzata e costituisce il piatto forte dei giorni di festa, particolarmente a Natale e a Pasqua. L’agnello alla pignata, detto anche “u cutturid”, prende il nome dal caratteristico recipiente in terracotta nel quale viene cotto, recipiente che viene spesso sigillato con della pasta di pane, geniale espediente che permette di accelerare la cottura ed allo stesso tempo di trattenere gli aromi ed i profumi.

AGNELLO ALLA PIGNATA

Ingredienti per quattro persone: un chilogrammo di carne di agnello, 200 grammi di salame da sugo, tre cipolle, quattro patate, due pomodori, 200 grammi di fave, una costa di sedano, due foglie di alloro, uno spicchio d’aglio, olio di oliva, sale, pepe, pasta di pane.

Preparazione: tagliate a pezzi la carne e fatela rosolare in un recipiente di terracotta nell’olio con l’aglio. Coprite l’agnello con dell’acqua calda ed aggiungete la verdura tagliata a pezzetti, le foglie di alloro, sale e pepe. Lasciate cuocere per un ora e mezza a fuoco moderato. Coprite il recipiente con la pasta di pane e mettetelo in forno per un quarto d’ora. Servite quando la pasta ha formato una crosta dorata.

Abbinamento consigliato: AGLIANICO DEL VULTURE CARATO VENUSIO CANTINA DI VENOSA

La vite è stata introdotta in Basilicata intorno al VI secolo avanti Cristo dagli antichi greci. Ancora oggi il vitigno più coltivato deriva da quelli importati dai greci: l'aglianico, il cui nome non è altro che una storpiatura della parola “ellenico”.Da questo vitigno all'epoca dei romani si otteneva il mitico vino falernum. Oggi si ottiene l'unica D.O.C. della Basilicata: l'Aglianico del Vulture. Si produce sui terreni vulcanici della zona del Vulture, ha colore rosso rubino o granato vivace a seconda dell'invecchiamento, profumo vinoso che migliora col tempo e sapore asciutto tendente al vellutato. Da uve raccolte a mano verso fine di ottobre la Cantina di Venosa ottiene l’ottimo aglianico Carato Venusio: perfetto da abbinare con la pignata di agnello!

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