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​Appassimento delle uve: significato e tecniche

By Luca Stroppa 21 aprile 2021 845 Views

Appassimento delle uve: significato e tecniche

L’appassimento delle uve, come suggerisce il nome, è una tecnica utilizzata per la produzione di vini passiti dolci (più raramente secchi come nel caso dell’Amarone o dello Sforzato di Valtellina), soprattutto vini da dessert o vini da meditazione.

Ma in che cosa consiste l’appassimento? A cosa serve? Cosa succede alle uve? Quali tecniche di appassimento vengono praticate?

Continua la lettura per un approfondimento sull’appassimento delle uve da vino.

Che cos’è l’appassimento delle uve?

Se consultiamo un qualsiasi dizionario della lingua italiana il primo significato dei termini “appassire” o “appassimento” è “perdita di freschezza e vigore” in riferimento a piante, fiori, foglie, frutti e, in senso figurato e metaforico, a persone. Stando a questa definizione generale l’appassimento delle uve da vino può apparire un’operazione che influenza negativamente le caratteristiche del frutto, perdendo qualità. In realtà, non è così, con l’appassimento le uve assumono determinate proprietà che vengono sfruttate per la produzione di una particolare tipologia di vini: i vini passiti (vedi foto sopra con uve fatte appassire e destinate alla produzione dell'Amarone).

Entriamo nel dettaglio.

In ambito enologico, l’appassimento è una tecnica antichissima che consiste nel far “seccare” le uve, con parziale disidratazione dei suoi acini, prima della pigiatura. La disidratazione porta all’imbrunimento delle bacche, cioè alla perdita di vivacità e brillantezza nel colore, e dona agli acini un aspetto rugoso e raggrinzito.

A prima vista non pare nulla di buono, in realtà …

A che cosa serve l’appassimento delle uve?

Mai fermarsi alle apparenze! L’aspetto esteriore delle uve che subiscono l’appassimento non è dei più invitanti, ma al loro interno le bacche si “arricchiscono”, o meglio, modificano la loro composizione.

Con la parziale disidratazione, le uve perdono acqua e, in media, il 30%-40% del loro peso originario, ma concentrano e, in certi casi acquisiscono, zuccheri, sostanze aromatiche e polifenoli. Maggiore è la disidratazione e lo stress idrico, maggiori saranno i processi metabolici che vengono innescati e maggiore sarà la sintesi e la produzione di nuove molecole e sostanze da parte delle uve e della vite per cercare di reagire e conservare il loro equilibrio interno. Senza entrare in complesse trattazioni chimiche, tra le tante trasformazioni molecolari che coinvolgono la bacca va segnalata la concentrazione di zuccheri e polifenoli con funzione protettiva e la sintesi di glicerolo che è in grado di trattenere acqua e garantire l’omeostasi del sistema, ovvero la stabilità interna dell’uva in risposta ad un evento destabilizzante come la disidratazione.

Far appassire le uve serve proprio a far concentrare tutte queste sostanze, in particolare gli zuccheri. E proprio per questo, la tecnica dell’appassimento è utilizzata principalmente per ottenere vini dolci, morbidi, densi e concentrati, con un elevato residuo zuccherino.

Come avviene l’appassimento delle uve?

L’appassimento delle uve da vino può avvenire in vari modi. Convenzionalmente si possono individuare due grandi categorie: l’appassimento su pianta e l’appassimento in altri ambienti.

Nel primo caso le uve vengono lasciate appassire sulla pianta (vedi foto qui sotto), nel secondo, invece, le uve vengono raccolte e poi fatte appassire su graticci esposti al sole o in appositi ambienti o celle artificiali in cui è possibile monitorare temperatura e grado di umidità affinché il processo avvenga senza intoppi.

Appassimento delle uve: significato e tecniche

Questa distinzione è di vitale importanza perché a seconda del metodo utilizzato si ottengono uve e poi vini con caratteristiche differenti. Con l'appassimento sulla pianta, l'uva continua a ricevere sostanze nutrienti dalla pianta stessa. Di conseguenza, il contenuto di acqua diminuisce, quello di zuccheri e altre sostanze non solo si concentra, ma aumenta. Se invece le uve sono fatte appassire dopo la raccolta, la pianta non può più rifornire il frutto e, quindi, la quantità di acqua diminuisce, quella di zuccheri si concentra ma rimane sostanzialmente la stessa. Questo non significato che una tecnica sia migliore dell’altra, tutto dipende dalle scelte del produttore e dal tipo di vino che intende produrre.

Alla famiglia dell’appassimento su pianta appartengono, ad esempio, le “uve surmature” da vendemmia tardiva, lasciate maturare sulla pianta più a lungo del solito per favorire la disidratazione delle bacche e l’aumento della concentrazione zuccherina. O ancora, le uve possono essere lasciate appassire sulla pianta fino ad inverno inoltrato in modo tale che l’alternanza tra gelate e disgelo possa disidratare l’acino, concentrando gli zuccheri. Si producono in questo modo i cosiddetti “Ice wine”. Infine, nella categoria delle uve appassite su pianta rientrano anche quelle attaccate da “muffa nobile”, nota come “Botrytis Cinerea”, un fungo parassita che favorisce l’evaporazione dell’acqua e aumenta il contenuto di zuccheri e di sostanze aromatiche negli acini. I vini botritizzati che si ricavano sono considerati di particolare pregio e valore.

Alla seconda categoria, quella in cui l'appassimento avviene dopo la raccolta, appartengono le uve da appassimento naturale. Con questa espressione ci si riferisce alla tecnica classica, con le uve lasciate appassire, dopo la vendemmia, su graticci esposti al sole o in “locali naturali” chiamati fruttai, collocati in zone ventose per asciugare e disidratare le uve. All’interno di questa famiglia rientrano anche le uve da appassimento artificiale, ovvero fatte appassire in locali artificiali e tecnologici in cui è possibile modificare e intervenire su condizioni come temperatura e vento per favorire l’appassimento.

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Posted in: Cultura del vino
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