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Che cos’è la fermentazione malolattica?

By Luca Stroppa 08 marzo 2021 560 Views

Che cos’è la fermentazione malolattica?

Fermentazione malolattica è una delle espressioni più indecifrabili per chi si avvicina al mondo del vino. È l’enigmatico attributo “malolattica” a creare scompiglio: c’è chi la confonde con la fermentazione alcolica e chi, spaventato da un nome così complicato, evita di approfondire la questione.

Nel nostro articolo faremo chiarezza sulla fermentazione malolattica: ti spiegheremo il suo significato e le sue caratteristiche. E non temere: non è nulla di così complesso!

Fermentazione malolattica: significato e caratteristiche

Partiamo dalle espressioni con cui è conosciuta e che rivelano le sue caratteristiche principali. Alcuni parlano di “fermentazione malolattica”, altri di “fermentazione secondaria”, altri ancora utilizzano la sigla FML.

In gergo tecnico, si parla di “fermentazione malolattica” per indicare quel processo enzimatico attraverso cui l’acido malico viene trasformato in acido lattico. Un processo che è successivo alla fermentazione alcolica (o primaria). Per questo, si parla di “fermentazione secondaria”.

Ma andiamo per ordine.

Durante la fermentazione alcolica o primaria, lieviti e microrganismi presenti nell’uva attivano un processo chimico che trasforma gli zuccheri in alcol e anidride carbonica. Il vino che si ricava è biologicamente instabile, esposto a possibili alterazioni o degenerazioni, dovute alla presenza di batteri, che ne potrebbero compromettere la qualità e la capacità di maturazione e conservazione.

Per assicurare la stabilità biologica del vino si ricorre alla fermentazione secondaria, o malolattica. Nel corso di questa operazione, i batteri lattici trasformano, o meglio degradano, l’acido malico, aspro e poco stabile, in acido lattico, meno pungente e biologicamente stabile, cioè non soggetto a possibili alterazioni o degenerazioni e, quindi, decisivo nel garantire uno sviluppo lineare del nettare.

Tra gli effetti della fermentazione malolattica ci sono la diminuzione di acidità del vino, l'incremento del suo ph, della sua morbidezza e della sua complessità aromatica, con la comparsa di note speziate e tostate.

Per questo motivo, la fermentazione malolattica è utilizzata per la produzione di vini rossi o di vini bianchi morbidi e complessi. Non è, invece, attuata nel corso della produzione di vini bianchi giovani e di pronta beva, per preservarne la freschezza, gli aromi fruttati e floreali e la tipica acidità.

Insomma, per riassumere in pochi punti le caratteristiche principali della fermentazione malolattica possiamo dire che:

- la fermentazione malolattica avviene dopo la fermentazione alcolica;

- la fermentazione malolattica trasforma l’acido malico in acido lattico per rafforzare la stabilità biologica del vino;

- tra gli effetti della “malolattica” vanno segnalati la perdita di acidità e l’incremento di morbidezza e complessità aromatica del vino;

- la fermentazione malolattica è facoltativa: è utilizzata per vini rossi o vini bianchi morbidi e complessi, mentre non è utilizzata per vini bianchi giovani e freschi.

Fermentazione malolattica: condizioni ideali

Per attivarsi in maniera spontanea, la fermentazione malolattica ha bisogno che siano presenti specifiche condizioni che riguardano temperatura, ph, anidride solforosa e alcol etilico.

In particolare:

- la temperatura dell’ambiente deve essere compresa tra i 18° e i 20° C;

- il ph del vino deve essere compreso tra 3,4 e 4;

- l'anidride solforosa presente deve essere inferiore ai 5mg/l;

- l'alcol etilico deve essere inferiore al 15%.

Sarà compito dell’enologo assicurarsi che si verifichino tali condizioni necessarie per l’attivazione della malolattica. Mentre dovrà impedire che si verifichino nel caso in cui i suoi vini non la richiedano; ad esempio conservando il nettare al di sotto dei 18°C o aggiungendo anidride solforosa dopo la fermentazione primaria.

Può succedere che, nonostante vengano rispettate le condizioni ideali e necessarie, la malolattica non abbia inizio. Ciò è dovuto alla scarsa presenza di batteri lattici. In questi casi, l’enologo può procedere in due modi: aggiungere batteri lattici attivi o aggiungere altro vino in cui è già in corso la fermentazione malolattica e in cui i batteri lattici sono attivi.

Insomma, alla fine di questo articolo avrai le idee un po' più chiare sulla fermentazione malolattica e quel nome così “severo” e “complicato” sarà, è proprio il caso di dirlo, meno “acido” e più “morbido”.

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Posted in: Cultura del vino
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