Calabria: il morzeddu

C’è un detto calabrese che recita: “chi mangia de bon’ura cu nu pugno scascia nu muru”, ossia “chi mangia bene al mattino è in grado di rompere un muro con la sola forza del pugno”, questo a testimoniare la predilizione tutta calabrese per una colazione abbondante che si ritiene sia indispensabile per affrontare al meglio la giornata. Colazione che non si limita al classico cappuccino e brioche ma prevede piatti estremamente calorici come il Morzeddu, specialità tipica di Catanzaro, eredità delle antiche usanze alimentari arabe e saracene, vanto della città che richiede una lunga preparazione e grande esperienza. Il nome Morzeddu è di origine spagnola e deriva dalla parola "almuerzo", che significa, per l’appunto, “colazione”. Una caratteristica del Morzeddu è che non si mangia nel piatto, ma nella Pitta uno speciale panino casereccio, quindi “ a morsi” come ricorda il suo nome.

MORZEDDU

Ingredienti per sei persone: mezzo chilo di frattaglie (fegato, polmone, cuore), mezzo chilo di trippa di maiale o di vitello, cipolla, sedano, carota, aglio, olio, mezzo chilo di salsa di pomodoro, un bicchiere di vino bianco, peperoncino rosso piccante, sale.

Preparazione: cuocete in acqua salata le frattaglie e la trippa per circa un’ora e poi scolatele. In una casseruola preparate un soffritto con l’olio, le cipolle, il sedano, le carote e l’aglio ed aggiungete le frattaglie e la trippa tagliate a pezzetti. Fate rosolare per qualche minuto. Aggiungete il vino e fatelo evaporare. Aggiungete infine la salsa di pomodoro ed il peperoncino tagliato a pezzetti e lasciate rapprendere il tutto a fuoco lento per circa mezzora.

Abbinamento consigliato: DONNA MADDA CIRO' FATTORIA SAN FRANCESCO

Si deve alla Calabria il termine Enotria, terra del vino, con cui gli antichi greci conoscevano l'Italia. Erano calabresi i vini che venivano offerti ai vincitori delle Olimpiadi che si svolgevano ogni quattro anni a Olimpia in Grecia. Nell'antico porto di Sibari veri e propri "enodotti" facilitavano il trasporto del vino che veniva caricato in anfore di terracotta ed esportato dai romani in tutto il mondo conosciuto di allora. Purtroppo, dopo le distruzioni provocate dalla fillossera sul finire del XIX secolo, poco resta di questo passato glorioso: molti vigneti sono scomparsi e non sono stati più reimpiantati, in parte anche a causa della massiccia emigrazione della popolazione avvenuta intorno agli anni cinquanta. Recentemente però si sta assistendo ad un ritorno alla viticoltura di qualità: sempre più numerosi sono i viticoltori che investendo nelle ottime potenzialità dei terreni e del clima calabro, privilegiando i vitigni tradizionali, stanno dando alla luce vini di eccellente fattura. Dominano il panorama vinicolo calabrese i vini rossi ottenuti nella grande maggioranza dal vitigno autoctono gaglioppo. L'esempio più rappresentativo è il Cirò, vino corposo e caldo, dal profumo delicato intensamente vinoso, che prende il nome dal paese omonimo nelle cui vicinanze si produce: perfetto per accompagnare un piatto di Morzeddu!

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